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Isaia 43, 22-26 e Giov 21, 1-14

 

Meditazione della matina di Pasqua

Tu non mi hai invocato, Giacobbe, anzi ti sei stancato di me, Israele!
Tu non mi hai portato l'agnello dei tuoi olocausti e non mi hai onorato con i tuoi sacrifici;
io non ti ho tormentato con richieste di offerte, né ti ho stancato domandandoti incenso.
Tu non hai comprato con denaro canna odorosa per me
e non mi hai saziato con il grasso dei tuoi sacrifici;
ma tu mi hai tormentato con i tuoi peccati, mi hai stancato con le tue iniquità.
Io, io, sono colui che per amor di me stesso cancello le tue trasgressioni
e non mi ricorderò più dei tuoi peccati.
Risveglia la mia memoria, discutiamo assieme, parla tu stesso per giustificarti!

Isaia 43

In Giovanni, in questa scena tranquilla di una mattina presto dopo la Pasqua potremmo leggere dei momenti della nostra vita. Lo scoraggiamento dei momenti duri. I discepoli che reagiscono al dolore buttandosi nel lavoro. La sorpresa di un incontro e la scoperta che Dio è ancora là e ci sostiene.

Il Gesù che è presentato in questo testo è un Gesù amico, vicino, che prepara il cibo per i suoi discepoli. I valdesi medievali mangiavano pane e pesce nella S. Cena, per indicare la dimensione pasquale di quel pasto, il primo dopo la resurrezione, un pasto aperto al futuro della vita. È l’alba e Gesù invita i suoi a prendere forza – attraverso il lavoro e attraverso il cibo.

Tutto avviene in uno strano silenzio carico di attesa e di speranza. “Era già la terza volta” dice il testo. Gesù si fa vedere e rivedere, si fa incontrare per far maturare nei discepoli la consapevolezza che li sta accompagnando, che lui non è scomparso, che c’è una cosa nuova e che del Dio che lui ha portato ci si può fidare. Si tratta infatti di un Dio che si caratterizza per il servire.

Ritorniamo a Isaia. Nel tempo dell’esilio Dio non abbandona il suo popolo ma accetta di discutere con lui. Non c’è né abbandono né una passiva lamentazione in questo, ma ribellione e tenacia per trovare un’altra strada. Nel discutere, sembra che il popolo dica a Dio: perché ci hai lasciati in esilio? Noi abbiamo continuato a fare il culto per te. Sentite i profumi che salgono da questo testo: l’agnello arrostito, la canna odorosa, l’incenso. I profumi erano parte importante del culto, come se salendo nell’aria potessero arrivare più facilmente a un divino che non si faceva vedere. Ma quel divino così immateriale aveva a sua volta delle richieste molto concrete verso il suo popolo. Li accusava: “Voi avete lasciato che governassero su di voi delle guide corrotte e disoneste. Avete lasciato che nella società prevalessero ingiustizia ed esclusione. Questo è il vostro peccato, che non sarà coperto da nessun profumo, per quanto delizioso sia”.

È a questo punto che c’è la svolta in ciò che Isaia capisce e trasmette di Dio. Quel Dio tradito nelle sue aspettative di giustizia nel popolo che si è scelto si fa servo. Dice loro – e a noi : “voi non m’avete servito affatto; in verità voi avete fatto di me un vostro servo”. Così infatti può essere riletto il testo: v.23b “io non ti ho costretto a servirmi con offerte” v.24b “tu mi hai asservito con i tuoi peccati”. Come può essere che Dio diventi servo dell’umanità? Che il risorto prepari la colazione per i suoi discepoli? È questo lo stesso Dio potente delle schiere celesti, quello che fa affondare l’esercito nemico nel Mar Rosso? In realtà si tratta di una svolta nella comprensione di Dio, che ci raggiunge attraverso il profeta Isaia.

Dio non è grande nei nostri successi radicati nell’ingiustizia. Dio si fa servo della nostra salvezza, della nostra comprensione, della nostra apertura al nuovo. Con attenzione e discrezione Gesù si avvicina ai suoi quella mattina dopo Pasqua: non li vuole spaventare ma vuole che prendano forza. È stato servo per loro e per tutta l’umanità sulla croce, ma non cerca il loro culto, cerca la loro (la nostra) speranza. Dio è al servizio dell’umanità e Isaia parlerà poi del “Servo di Jahvè”, il servo sofferente che testimonia di Dio in mezzo all’oppressione.

È nella dimensione dell’amore, dell’amicizia e della cura che Dio si rivolge ai credenti e diventa per noi luce. È questo il senso della Pasqua da ricevere ogni mattina come nutrimento per il giorno che viene.

Pastora Letizia Tomassone, mattina di Pasqua 2015 - Chiesa Evangelica Valdese di Firenze

 

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Ultimo aggiornamento: 2 Maggio 2015
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze