“Maestro, non ti curi che noi periamo ?”

MARCO 4 :35-41

 

L’episodio che abbiamo letto questa mattina è il racconto di una delle tante esperienze che i discepoli hanno
dovuto fare con Gesu’ e accade alla fine di una lunga giornata di insegnamenti.

Si tratta di una esperienza che insegnera’ loro qualcosa, e dunque in fondo non è altro che un’occasione in
cui la teoria imparata con il professore viene messa in pratica.

Come succede spesso al lavoro ai nostri giorni,ci vengono presentate delle situazioni pratiche che ci
permettono di imparare come si deve quello che si è letto sui libri.

 

La prima cosa che salta agli occhi, quella che piu’ facilmente ci rimane impressa, è che i discepoli
non sembrano aver poi una cosi’ gran fede. Quando vedono la tempesta, non solo hanno paura, ma
soprattutto accusano Gesu’ di non curarsi del fatto che probabilmente faranno naufragio e magari
pure moriranno.

Il fatto che rivolgano a Gesu’ un’accusa di questo genere ci mostra non tanto un problema
temporaneo, passeggero, provvisorio, ma piuttosto un problema strutturale:

loro c’hanno delle perplessita’, dei dubbi su Gesu’.

In fondo non capiscono troppo di che cosa parli.
Ma probablimente c’abbiamo anche noi spesso lo stesso problema.

 

Dunque i discepoli sono perplessi; e chi non lo sarebbe stato ?

Sin dall’inizio recente del suo ministerio Gesu’ ha sistematicamente contestato tutti gli usi

sui quali la vita dell’epoca in Palestina si fondava:      

ha rimesso in questione il modo in cui il il giorno del riposo religioso era osservato,

ha attaccato il concetto della separazione delle persone religiose dal resto del mondo considerato impuro,

ha contestato la pratica del digiuno.

In fondo ha contestato tutta l’idea che ci sia una separazione fra la fede e la vita, come se la fede fosse
una sfera di santità al di sopra della vita ordinaria di tutti i giorni.

Evidentemente tutto questo ha causato delle preoccupazioni, e infatti degli scribi, dei funzionari ecclesiastici

vennero da Gerusalemme per vedere un po’ cosa stesse succedendo; già questo fatto doveva aver
messo la pulce nell’orecchio ai discepoli e forse forse si stavano chiedendo,

“siamo sicuri che stiamo seguendo la persona giusta ?”

C’erano anche delle folle numerose, ma queste erano attirate per lo piu’ dal sensazionalismo e dal desiderio
di vedere i propri problemi - essenzialmente delle malattie – risolti rapidamente, all’istante.

Di fronte a questo successo un po’ dubbio, Gesu’ durante questa stessa giornata in cui aveva raccontato le
parabole sul Regno di Dio, aveva voluto mettere le cose bene in chiaro.

Molto limpidamente aveva affermato che non tutti ascolteranno quello che dice, che non tutti vi porranno attenzione,

e che la maggior parte della gente finirebbe per preoccuparsi piu’ di altre questioni e faccende considerate piu’ importanti,

e che questa cosa miseriosa chiamata Regno di Dio avrebbe degli inizi modesti, che quasi nessuno noterebbe,

ma che comunque arriverebbe sino in fondo alla sua manifestazione totale alla fine dei tempi.

 

Cerchiamo di metterci un attimo nel contesto:

dopo questi insegnamenti piu’ o meno teorici, Gesu’ passa alla fase pratica e dimostra ai discepoli la venuta del regno
di Dio attraverso il suo potere sulle forze della natura, come in quest’occasione, attraverso le guarigioni su un indemoniato
e una donna malata,e attraverso il richiamo alla vita di una bambina morta:

Gesu’ dimostra dunque il suo potere sulla natura, sul male,sulla malattia e sulla morte.

Per dirla chiara, se al capitolo 4 di Marco ha annunciato il regno di Dio, al capitolo 5 l’ha mostrato.

 

Adesso che abbiamo una veduta d’insieme, possiamo tornare piu’ in dettaglio al nostro episodio.

Abbiamo visto le ragioni per le quali i discepoli potevano essere fondamentalmente perplessi su Gesu’ e su tutto cio’
che stava accadendo,  e probabilmente la loro perplessità doveva essere particolalemmte viva nelle loro menti

quando si sono trovati nel bel mezzo della tempesta:

non avrebbe forse Gesu’ dovuto sapere che ci sarebbe stata una tempesta, lui stesso che li ha spinti a prendere il largo ?

Come se non bastasse, la tempesta sembra aver la meglio sui loro sforzi:

ma questo Gesu’, è veramente potente o no ?

E poi, si preoccupa veramente di quello che ci sta succedendo oppure no ?

“Maestro, non ti curi che noi periamo ?”

Non è forse vero che ci dovrebbe proteggere da ogni male ?

 

A questo proposito, bisognerebbe che ciascuno di noi riflettesse veramente su cio’ che ci aspettiamo da Gesu’ Cristo.

É assolutamente necessario che prendiamo il tempo per riflettere su questa questione, perché sulla faccenda
c’è molta confusione.

Spesso infatti ci possiamo imbattere in una certa tendenza a presentare un Vangelo un po’ a buon mercato:

“credi in Gesu’ Cristo, e tutti i tuoi problemi saranno risolti”.

Non sono per niente convinto che sia veramente questo cio’ che la Scrittura c’insegna;

al contrario se diamo un’occhiata alla maggior parte dei personaggi biblici, si tratta di persone che hanno vissuto
delle vite ordinarie, vere, come le nostre, e piene di problemi e di contraddizioni, e in fin dei conti è proprio
questo cio’ che fa l’attualità e la forza della Bibbia e della fede cristiana nella nostra vita:


non ci nascondiamo dietro a un dito,

non ci rifugiamo in un mondo virtuale, parallelo,

per sfuggire alle miserie della vita,

ma al contario siamo messi in grado di affrontare la vita.

Gesu’ non è scappato dai problemi della vita,

dalle sue miserie e dalle sue sofferenze; al contrario;

ha perfino accettato di subire un complotto che lo condurrà a farsi ammazzare.


E in questo episodio è Lui stesso che porta i discepoli nel bel mezzo della tempesta.

Ci libera spesso da molte cose, ma anche ci dà spesso delle nuove acque tempestose da attraversare.

E su questo punto è stato onesto fin dall’inizio; ha detto apertamente che se lo vogliamo seguire ci puo’
capitare che la nostra sicurezza fisica sia messa in pericolo, cosi’ come è stato il caso per Lui.

 

Durante il viaggio sul lago di Galilea assistiamo a delle cose strane, ma che daranno senso a questa esperienza,

cosi’ come anche alle nostre esperienze di vita in quanto credenti.

Gesu’ dorme; Gesu’ dunque è spossato, stanchissimo dopo una intera giornata d’insegnamento e discorsi davanti
 alla folla; è qualcosa di molto umano e anche di molto importante.

Gesu’ non è un fantasma venuto dall’altro mondo; la sua incarnazione, il fatto che sia un uomo, è qualcosa di ben reale.

Egli è esattamente come noi in tutto, con la sola differenza che non ha mai peccato.

Il testo ci rivela inoltre un altro aspetto della sua persona:

“Sgridò  il vento e disse al mare: taci, calmati. E il vento cessò e si fece un agrande calma”.

Nel Salmo 33 sta scritto “Poiché Egli parlo’ e la cosa fu; Egli comando’ e la cosa sorse”.

È di Dio che l’autore del Salmo sta parlando.   

 

Nel racconto della creazione nel primo capitolo del libro della Genesi, ci viene presentata una situazione originale
di caos, caratterizzata dalla presenza disordinata d’acqua e vento; nel Medio Oriente nei tempi antichi, l’acqua e
il ventoerano i simboli del caos per eccellenza.

Dio mette ordine a questo stato di caos primordiale durante i sei giorni della creazione, attraverso il potere della
sua parola:

“Poiché Egli parlo’, e la cosa fu;

Egli comando’, e la cosa sorse”.

Per qualcuno come i discepoli, che provenivano da un ambiente ebraico, in cui le storie della Bibbia venivano
tramandate di generazione in generazione, le parole dette da Gesu’ al mare e al vento avevano un senso ben preciso.

I discepoli si rendono conto che hanno davanti a sé il Creatore, Colui che ha riportato l’ordine in mezzo al caos
dell’acqua e del vento. Infatti alla fine dell’episodio, la parola utilizzata nel testo originale per fare riferimento al
timore provato dai discepoli, ha una sfumatura di timore reverenziale religioso, il rispetto che si prova davanti alla divinità.

Si sono resi conto che Dio era li’ con loro, da cui poi la domanda è venuta, “Chi è dunque costui, che anche il vento
ed il mare gli ubbidiscono ?”

In questo passaggio dunque si vede Dio che li accompagna come uno di loro, in mezzo a loro.

Si tratta di una dimostrazione pratica de l’insegnamento che Gesu’ aveva proposto quel giorno stesso sul regno di Dio:

passa inosservato come un seme qualunque, o come un falegname qualunque, ma nonostante cio’, attraverso di Lui
il regno di Dio procede, e la sua venuta è certa.

 

Qual è allora il messaggio per noi che possiamo trarre da tutto questo ?

Probabilmente qualcosa di molto semplice, ma che abbiamo spesso della difficoltà a digerire o a prendere sul serio:

ci troviamo a percorrere il cammino della vita insieme con Gesu’;

Dio che viaggia con noi,

totalmente presente anche quando ci troviamo nel bel mezzo di una tempesta.

E se è vero, come nel caso di questo episodio, che per ogni sorta di ragioni ci possiamo trovare confrontati a delle
situazioni che preferiremmo evitare, ma nelle quali invece sembra che Dio ci abbia lasciati entrare, è vero anche
che Egli ha il potere di calmare la tempesta, di cambiare le cose, se lo giudica necessario.

Tutto questo puo’ sembrare molto generico, ma vorrei che soffermassimo l’attenzione su una cosa:

il testo specifica che al momento della partenza per il viaggio sul lago, c’erano altre barche con loro;

ma non le sentiamo piu’ menzionare.

L’attenzione di Marco si concentra sulla barca dei discepoli che sono con Gesu’.

C’è un messaggio ben preciso in tutto questo: spesso, quando ci troviamo in delle situazioni critiche, in fondo siamo soli,

nessuno o quasi di coloro che ci stanno intorno sembra veramente capire.

Qui in questo episodio l’attenzione è concentrata su una barca specifica: il fatto che Dio sia presente con noi è un fatto
specifico che ci concerne personalmente; l’intervento di Dio non è soltanto una storia del passato, un principio generale;
no, si applica al caso specifico. Si tratta delle nostre storie personali che interessano Dio e lo concernono, ed è là pure
che Egli puo’ intervenire; l’attenzione si sposta da tutto cio’ che è generale,e viene a posarsi sulle nostre tempeste specifiche.

 

Il nostro problema, che è poi lo stesso che anche i discepoli avevano avuto, è che non siamo necessariamente convinti
di tutto questo; si tratta forse, ci diciamo, solo di bei principi generali. La domanda dei discepoli, la loro accusa a Gesu’,

è molto chiara e molto seria:

“Non ti curi che noi periamo”, detta chiara e tonda,  nell’italiano che parliamo tutti i giorni loro gli dicono:

“non te ne importa niente che staimo per morire !”

In fin dei conti, ma veramente Gesu’ Cristo si preoccupa di noi, è veramente al corrente di cio’ che viviamo ?

Pure la risposta di Gesu’ è chiara e seria: “Perché siete cosi’ paurosi ?

come mai non avete voi fede, o fiducia?”

Lui aveva fatto loro fiducia aspettandosi che avessero compreso i suoi insegnamenti di quel giorno sulla fede e sulla venuta
del regno di Dio; Lui li aveva presi sul serio.Ed ecco che invece si rende conto che loro non l’anno preso sul serio,

che in fondo ai loro cervelli non sono convinti che si preoccupi veramente di loro. In realtà, col portarli in mezzo al lago,
Gesu’ dimostra che faceva loro fiducia per potere affrontare una tempesta, e che li prendeva sul serio.

 

Sono convinto che tale è il messaggio di questo episodio.

Gesu’ Cristo ci ha mostrato che Dio si preoccupa di noi e che prende sul serio cio’ che noi chiamiamo fede;

ci crede sulla parola.

Si aspetta soltanto che anche noi lo prendiamo sul serio, e che non dubitiamo che è sul serio con noi in tutto,

per accompagnarci e anche per soccorrerci.
AMEN.    

        

Predicazione che verrà tenuta il 25 Giugno 2006 nella comunità italiana della Chiesa Unita del Canada a Montreal

Giancarlo Fantechi



Giancarlo Fantechi, fiorentinissimo e valdese della nostra chiesa, per molti anni impegnato  come predicatore nella nostra comunità, già da alcuni anni si è trasferito per lavoro nel lontano Canadà, per un bel pò di tempo ha lavorato in banca poi ha deciso di dedicare la propria vita alla predicazione dell'evangelo e si è iscritto all facoltà presbiteriana riformata del Quebec dove sta terminando gli studi per il pastorato. Foto Giancarlo Fantechi