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Dio è luce, e in lui non ci sono tenebre

 

 

 

1 Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita
2 (poiché la vita è stata manifestata e noi l'abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata),
3 quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo.
4 Queste cose vi scriviamo perché la nostra gioia sia completa.
5 Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che vi annunziamo: Dio è luce, e in lui non ci sono tenebre.
6
 Se diciamo che abbiamo comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità.
7 Ma se camminiamo nella luce, com'egli è nella luce, abbiamo comunione l'uno con l'altro, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.

..................

3 Da questo sappiamo che l'abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti.
4 Chi dice: «Io l'ho conosciuto», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; 5 ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente completo. Da questo conosciamo che siamo in lui: 6 chi dice di rimanere in lui, deve camminare com'egli camminò.
7 Carissimi, non vi scrivo un comandamento nuovo, ma un comandamento vecchio che avevate fin da principio: il comandamento vecchio è la parola che avete udita.
8
 E tuttavia è un comandamento nuovo che io vi scrivo, il che è vero in lui e in voi; perché le tenebre stanno passando, e già risplende la vera luce.
9 Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre.
10 Chi ama suo fratello rimane nella luce e non c'è nulla in lui che lo faccia inciampare.
11 Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.

Giovanni Cap 1, v.1-7; Cap 2 v. 3-10

 

Altre letture: Isaia 9,1-6;  Michea 7,7-9

 


Care sorelle e cari fratelli,
in vari punti di questa lettera l’autore si rivolge direttamente ai destinatari in modo molto familiare (carissimi, figlioli, ragazzi, figlioli miei) ma lo stile del testo la fa assomigliare più ad un manifesto rivolto a tutta cristianità che ad una lettera. Tuttavia il tono non è quello di un comizio o di un proclama, ma è simile alla  forma di un’omelia (Bruno Corsani).  L’epistola non inizia con le consuete forme di saluto e di presentazione (come p.e le lettere di Paolo) ma i primi tre versetti sono un’enunciazione dell’autenticità del messaggio che verrà presentato  fondata sul fatto che chi scrive  ha visto e chi ha udito, era presente. Al versetto 3 l’autore scrive “quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi “,  questo è l’apice  di un incipit che appunto si addice più ad un manifesto che ad una lettera.
Più avanti nel testo si trovano anche riferimenti espliciti agli “anticristi” (2,18) e ai “falsi profeti” (4,1), inviti ed esortazioni a vincere il peccato, a purificarci  e a vivere nella verità.   Proseguendo nella lettura ci si rende conto  che lo scopo  più che l’annuncio è quello di rassicurare la comunità e di fortificarla nella fede di fronte ai pericoli e alle minacce derivanti dalle insorgenti eresie che li circondano, incitandola a vivere secondo i comandamenti di Cristo. Tutto questo avviene prima attraverso alcune antitesi di forte contrasto - tenebre-luce, menzogna-verità, odio-amore -  poi ponendo in risalto l’amore di Dio manifestatosi in Gesù ed infine con un frequente invito ad osservare i suoi insegnamenti e a camminare con lui secondo il comandamento dell’amore per i fratelli. Ed infatti proprio questi elementi sono la sostanza fondante dell’essere cristiani.


Credo che concorderete con me se affermo che, come quella comunità di ambito giovannico cui è destinata la lettera, anche noi siamo alla ricerca di parole di incoraggiamento e di rassicurazione. Al versetto 8 del capitolo 2  l’autore scrive che “le tenebre stanno passando, e già risplende la vera luce”Nel momento storico  che stiamo vivendo non è facile aderire a questa visione positiva poiché ci sentiamo sempre più immersi  nelle tenebre e circondati dal buio . Eppure come credenti siamo chiamati proprio a condividere  questa speranza che “le tenebre stanno passando” e che “già risplende la vera luce.  Questa mattina  vorrei soffermarmi  a riflettere insieme proprio su questa contrapposizione tenebre-luce e su questa prospettiva.


[1] Le tenebre da un punto di vista umano sono una realtà naturale che suscita negli esseri umani una paura atavica, cioè che risale fino alle nostre origini. E’ normale che i bambini piccoli abbiano paura del buio poiché si tratta di una condizione che genera incertezza, senso di solitudine e di abbandono e quindi di timore. Molti di noi si ricordano di aver provato questa sensazione da piccoli e come solo crescendo e diventando più consapevoli e coscienti della realtà circostante, più capaci di percepirla e controllarla, sia stato possibile vincere questa paura. Ma quante volte essa può riaffiorare in situazioni particolari, tanto più oggi che anche di notte siamo abituati alle strade illuminate ? Percorrere un tratto di strada buia, attraversare un sottopassaggio male illuminato, restare fermi in auto o in treno sotto una galleria al buio, di notte affrontare  una traversata col mare mosso o una forte turbolenza d’aria in areo suscitano ansia, preoccupazione, insicurezza e in alcuni delle vere e proprie crisi di panico.
Le tenebre, ovvero l’assenza di luce, ci privano della facoltà di uno dei nostri cinque sensi e talvolta ci possono completamente destabilizzare e terrorizzare.

Ma non si tratta solo dei buio come fenomeno fisicamente osservabile, le tenebre sono anche il sinonimo della alterazione degenerativa della nostra essenza fatta non solo di corpo, ma anche di mente, di capacità di provare e manifestare sentimenti, di vivere in relazione con gli altri,  della dimensione psicologica come oggi piace dire, della nostra sfera spirituale.
In questo passo della prima lettera di Giovanni  le tenebre sono accostate alla menzogna e all’odio. Non è casuale: si tratta infatti di un triade demoniaca che sta a significare il “male” in senso assoluto e le tenebre, anche con la loro allusione implicita alla morte, sono il segno percettibile e inequivocabile del male. Chi opera nel male agisce di solito in modo occulto, nascosto, non alla luce del sole, per perseguire i propri fini di odio e avvalendosi della menzogna come strumento per raggiungerli, basti pensare alla criminalità organizzata o ai terroristi.  L’odio è la manifestazione del male, il suo compagno inseparabile,   la violenza ne è la conseguenza più evidente. Le tenebre sono il contesto, la scenografia in cui si muove chi, spinto dall’odio, agisce per ordire i propri disegni ed elaborare i propri piani di distruzione e morte.

I vangeli di Matteo, Marco e Luca ci parlano di tenebre al momento della morte di Gesù: Dall'ora sesta si fecero tenebre su tutto il paese, fino all'ora nona.  E, verso l'ora nona, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lamà sabactàni?», cioè: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Matteo 27, 45-46).  Dunque le tenebre, l’assenza delle luce, sono un  sinonimo della morte e dell’abbandono da parte di Dio.
Al contrario la luce è il sinonimo del “bene” e della vita. Non a caso quando si parla della nascita di un bambino si dice che “è venuto alla luce” e della mamma che “ha dato alla luce”. La nascita di Gesù è annunciata dalla luce di una stella che rischiara il cammino e al tempo stesso segna la direzione ed il luogo dove il Bambino si trova.  L’annuncio della resurrezione, la vita che rinasce e che vince sulla morte, avviene all’alba; la pietra rotolata fa entrare nel sepolcro ormai vuoto i raggi del sole che sta sorgendo ed un angelo dalla veste sfolgorante accoglie le donne per annunziare loro che Gesù è vivente.

[2] Ma torniamo ancora alle tenebre. Ormai non passa giorno senza ricevere,  leggere o ascoltare notizie di fatti che aumentano in noi la sensazione di sprofondare nelle tenebre e provocano un senso di  desolazione e impotenza.  Non mi voglio dilungare troppo ma voglio ricordare alcuni eventi dolorosi.  
Le guerre e il terrorismo,  sulle cui cause storiche, economiche e religiose potremmo parlare per ore,  mietono vittime innocenti. soprattutto bambini e bambine. Di pochi giorni fa la notizia che a  Kavamu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, in tre anni sono state violentate 44 piccole tra i 18 mesi e gli 11 anni.  Sono stati arrestati 75 miliziani: credevano che con il sangue di una vergine sarebbero diventati invincibili.
La strage di donne vittime di omicidi, ben 76 dall’inizio del 2016, che inarrestabile prosegue nel nostro paese, una delle ultime barbaramente bruciata viva a Lucca come le streghe date al rogo nel medioevo.
L’interminabile  catena di bambini vittime di violenze negli asili nido e nelle scuole materne, luoghi  nei quali avrebbero dovuto trovare protezione e assistenza e che invece sono stati il teatro di violenze inaudite, che spesso si è cercato di occultare e che segneranno questi piccoli innocenti profondamente per tutta la vita. 
La lista sarebbe lunghissima, dal traffico di organi all’abuso di minori a fine sessuali, dallo stato disumano delle nostre carceri alla mancanza di adeguata assistenza a coloro che sono ancora oggi ricoverati negli ospedali psichiatrici giudiziari (noti come manicomi criminali, che avrebbero dovuto essere soppressi e sostituiti entro il 31 maggio 2015 dalle Residenza per l'Esecuzione della Misura di Sicurezza, cosiddette Rems, strutture sanitarie con pochi posti letto, massimo 20, senza sbarre e senza agenti di polizia), dalla pratica della tortura alla pena di morte.
Per noi  prima di tutto questi devono essere motivi di preghiera e un monito costante affinché non dimentichiamo la violenza perpetrata contro i più deboli, di quanto oramai la vita umana non conti più niente,  persino  se si tratta di bambini indifesi e innocenti che  proprio in quanto apportatori di nuova vita, sono le vittime di un perverso “morbo” di autodistruzione e annichilimento  che sta pervadendo l’umanità . Pur nella diversità dei contesti e dei protagonisti,  tutti questi fatti  hanno in comune un folle desiderio di annientare la vita umana, talvolta rivestito da presunti ideali religiosi, altre volte accompagnato da giustificazioni sociali o personali.  Esseri umani  sono carnefici di altri esseri umani, anche a prezzo della propria vita, convinti che l’annientamento della vita,  la morte, la  “soluzione finale” -  uso questo termine storicamente tragico con il massimo rispetto – sia l’unica soluzione possibile, una sorta di rito di espiazione e purificazione

[3] Ma care sorelle e cari fratelli, noi crediamo che un sacrificio, una sacrificato, una vittima c’è stata, una volta per tutte! Gesù ha dato la propria vita, è morto sulla croce per salvare tutti noi dal peccato e dalla morte. Il suo sacrificio a caro prezzo è quell’atto unico ed irripetibile attraverso il quale Dio con un gesto di amore ha donato la propria grazia per la salvezza dell’umanità.  Questo è quanto crediamo e confessiamo nelle nostre professioni fede, che Gesù è morto sulla croce per salvare me, te, ciascuno di noi che crede in lui.

Proprio nel contrasto tra la ricorrente e diffusa violenza  che ci circonda e  la croce di Cristo noi corriamo un grande rischio.
Possiamo  perdere l’orientamento, possiamo perdere di vista quella croce, cioè possiamo perder di vista Gesù perché  sempre più di frequente, insieme alla commozione, allo sgomento, alla compassione per le vittime e per i loro parenti siamo presi dallo sdegno, dalla rabbia, dalla voglia di reagire con “l’occhio per occhio, dente per dente”, dal desiderio di vendetta nei confronti degli autori di crimini.
Di fronte all’insicurezza, all’orrore, alla paura generati dalla violenza del male, anche noi siamo avvolti dalle tenebre dell’odio. Siamo pronti  a rinunciare ai principi di rispetto dei diritti umani e di libertà conquistati dalle generazioni precedenti con  sangue e sofferenze, disposti a sacrificare parte della nostra libertà, della libertà di tutti, invocando leggi repressive, provvedimenti drastici e regimi contrari ai principi del  diritto  e della legalità. Se questo è il pericolo che corriamo come cittadini, come componenti della società civile,  ben più grave è il pericolo che corriamo  come credenti se ci lasciamo vincere dall’imbarbarimento che ci circonda,  perché le tenebre ci cattureranno in modo irreversibile con la stessa  velocità con la quale nell’universo un buco nero risucchia tutta la materia e non lascia uscire neppure la luce.  
Lo definirei un pericolo “mortale” perché  se questo accade la nostra fede è vana. Ne può restare la forma, il guscio, il rivestimento, sotto forma di pratiche religiose, di facili convincimenti di essere nel giusto e di comode formule autoassolutorie e autogiustificanti, ma la sostanza è persa, non siamo più sale della terra, la nostra luce si è affievolita, alla fine sarà spenta e saremo avvolti nelle tenebre, ma soprattutto saremo incapaci di  vedere la luce splendente di Dio.

Se al tempo dell’estensore dell’epistola gli “anticristi” e i “falsi profeti”  erano i rappresentanti di gruppi e sette staccatisi o estranei alla comunità che si proponevano come assertori di verità diverse, oggi “falsi profeti” e gli “anticristi” sono le violenze e la loro continua presenza mediatica che ci fanno dubitare, e ci fanno chiedere come ha scritto recentemente su Riforma una sorella della chiesa valdese di Milano “Dio, come stai ?” o che ci inducono a dire  “Dio, dove eri ?”, “Dio, dove sei andato ?”.
Guardate bene, queste domande non sono sbagliate e non voglio dire che non ce le dobbiamo porre.  Al contrario, se la nostra fede è ancora viva, porci queste domande significa che  non siamo stati sopraffatti dalle tenebre  poiché esse sono un antidoto contro il rischio di assuefazione al male e alla violenza che sarebbe il segno di una morte definitiva della nostra fede.
Come credete che stia Dio? Soffre con coloro che soffrono, soffre nel vedere che l’essere umano, nonostante il sacrificio del suo figlio Gesù, è più attratto dall’odio, dalla violenza e dalla morte che dall’amore, dalla misericordia e dal prendersi cura degli altri. Dove credete che sia Dio? Nei campi profughi, in mare sui barconi accanto a chi muore soffocato o affogato, con le donne violentate, i bambini abusati, con tutti coloro che sono abbandonati e gridano aiuto.


[4] E’ vero: abbiamo bisogno di incoraggiamento, di rigenerare la nostra speranza,  di rafforzare la nostra fede, di riscoprirne la sostanza. Per fronteggiare il male  e le tenebre possiamo assumere due atteggiamenti.
Uno è quello di  ritirarsi in disparte, trovare un rifugio, costruirci un mondo privato e personale i cui rinchiuderci schermando il più possibile le notizie dolorose e gli eventi luttuosi, fare finta di nulla.  Si tratta di una reazione umana, naturale, egoistica e purtroppo spesso inutile perchè fa affidamento  soltanto sulle nostre capacità.
L’altro e quello di affrontare coraggiosamente la realtà per vincere il male e rischiarare le tenebre. Non mi fraintendete, non si tratta di proclamare una crociata, di armarsi e rispondere alla violenza con altrettanta violenza.  Occorre resistere al male, opporsi all’odio e alla violenza con la forza dell’amore e  della  generosità. Bonhoefer, Gandhi, Martin Luther King, i monaci di Thibirine, il padre domenicano Pierre Claverie, i volontari delle varie organizzazioni umanitarie che operano nelle zone di guerra, nelle favelas e nei capi profughi non sono che pochi esempi di una galleria molto più numerosa di quanto si possa pensare.

La lettera di Giovanni  ci ricorda due principi attraverso i quali possiamo affrontare la realtà, rinsaldare la nostra fede e ritrovarne il fondamento di fronte all’avanzata delle tenebre:

  1. Dio è luce, e in lui non ci sono tenebre.[...] se camminiamo nella luce, com'egli è nella luce, abbiamo comunione l'uno con l'altro, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.
    Camminare con Dio, seguendo Gesù, significa camminare nella luce e vincere le tenebre.  Significa essere purificati e avere comunione l’uno con l’altro, non si tratta di un privilegio personale ed esclusivo,  ma di un dono da condividere con chi ci sta vicino proprio perché ottenuto non per i nostri meriti o in virtù di quello che abbiamo fatto o possiamo fare ma grazie al sangue versato sulla croce da Gesù per la salvezza dell’umanità. Dio ci chiede di camminare con Lui, nella sua luce, insieme, uniti per sconfiggere le tenebre con la luce.


  2. Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre.  Chi ama suo fratello rimane nella luce e non c'è nulla in lui che lo faccia inciampare.   Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.Questo è il comandamento che viene rinnovato dalla lettera, passato da chi l’ha udito in prima persona dalla bocca del Maestro fino a noi e affidatoci così come i tedofori si sono passati la fiaccola olimpica di mano in mano: “amare il fratello”.


Uscire dalle tenebre, bloccare l’avanzata dalle tenebre, vivere nella luce del Signore è possibile solo attraverso l’amore.  Solo la forza dell’amore potrà vincere l’odio e sconfiggere le forze del male, amore che significa prendersi cura dell’altro, condividere con gli altri. Questa è la missione che ci è stata affidata, essere figli di Dio significa amare l’altro, solo così possiamo essere delle piccole lampade, ma sufficienti a spandere intorno a noi un po’ di luce che unita a quella di tutte/i le/gli altre/i riuscirà a rischiarare le tenebre che ci circondano.

Chi è unito con Gesù, chi è diventato figliuolo di Dio, si distingue dai figliuoli del diavolo perché ama i propri fratelli. Il contrassegno della vita cristiana è l’amore dei fratelli ; esso è evidenza di passaggio dalla morte alla vita , ed è possibile perché Cristo ha dato la sua vita per noi; se la verità ci ha conquistati e rigenerati, non dobbiamo più avere paura (né) davanti a Dio (Bruno Corsani) né davanti agli uomini.
Tutto questo ci deve dare il coraggio e la speranza che le forze del male saranno vinte, che le tenebre non prevarranno sulla luce, che il bene trionferà e che il Regno di Dio iniziato con la resurrezione di Cristo potrà finalmente compiersi.  

Chiediamo a Dio di aiutarci in questa ricerca della sua luce e in questo cammino in cui ci sforziamo di essere sorgenti di luce con le parole del Salmo 121

Alzo gli occhi verso i monti...
Da dove mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto vien dal SIGNORE, che ha fatto il cielo e la terra.
Egli non permetterà che il tuo piede vacilli; colui che ti protegge non sonnecchierà.
Ecco, colui che protegge Israele non sonnecchierà né dormirà.
Il SIGNORE è colui che ti protegge; il SIGNORE è la tua ombra;
egli sta alla tua destra.
Di giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte.
Il SIGNORE ti preserverà da ogni male; egli proteggerà l'anima tua.
Il SIGNORE ti proteggerà, quando esci e quando entri, ora e sempre.

Amen

 

Valdo Pasqui predicazione preso la Chiesa Evangelica Battista di Pistoia - Domenica 14 Agosto 2016

 

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Ultimo aggiornamento: 24 Settembre 2016
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze