Il treno

di Nilda Rivoir

Nasciamo e saliamo sul treno.
Due persone care ci faranno
conoscere il viaggio fino alla fine: i genitori.
Ad una qualche stazione scenderanno
e non saliranno più.
Il nostro viaggio continuerà.

Conosceremo altre persone,
fratelli, amici, amori.
Alcuni faranno con noi una breve passeggiata,
altri ci staranno sempre al fianco
dividendo con noi gioie e tristezze.

Alcuni andranno da un vagone all'altro
per aiutare quelli che hanno bisogno.
Molti scenderanno
e lasceranno ricordi incancellabili,
altri viaggeranno solo occupando dei sedili.
E' curioso vedere come alcuni passeggeri,
ai quali chiediamo di farci compagnia,
decidono di sedersi in altri vagoni.

Pieno di urtoni, sogni, fantasie, speranze,
arrivi e partenze,
il treno fa un viaggio di sola andata.
Cerchiamo dunque di viaggiare
al meglio possibile, cercando di intessere
buone relazioni con tutti i passeggeri.

Ad un certo momento, qualcuno perde le forze
e dovremo capirlo.
Quando capiterà a noi, qualche altro ci aiuterà.

Non sappiamo a quale stazione ci toccherà scendere.
Sarà doloroso separarmi dagli amori della mia vita.
Però ho la speranza che ad un certo momento
ci incontreremo alla stazione principale.

Avrò l'emozione di vederli arrivare
con molta più esperienza
di quella che avevamo all'inizio del viaggio.
Sarò felice al pensare che ho potuto collaborare
un poco a farle crescere come buone persone.

Il treno rallenta la sua velocità
per far scendere e salire altre persone.
La mia emozione aumenta
mentre il treno si sta fermando...
Chi salirà? Chi sarà?
Saper vivere diventa ottenere il meglio
da ogni passeggero.

Ringrazio Dio perché stiamo facendo
insieme questo viaggio e,
malgrado i nostri sedili non siano vicini,
certamente il vagone nel quale viaggiamo
e il macchinista sono gli stessi che all'inizio.
Felice viaggio!
(da Pagina Valdense, luglio 2003,
trad. dallo spagnolo di g.s.)

 

 

Il definitivo sì pronunciato

sulla nostra esistenza

di Bruno Rostagno

18 Abramo, sperando contro speranza, credette, per diventare padre di molte nazioni, secondo quello che gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza». 19 Senza venir meno nella fede, egli vide che il suo corpo era svigorito (aveva quasi cent'anni) e che Sara non era più in grado di essere madre; 20 davanti alla promessa di Dio non vacillò per incredulità, ma fu fortificato nella sua fede e diede gloria a Dio, 21 pienamente convinto che quanto egli ha promesso, è anche in grado di compierlo. 22 Perciò gli fu messo in conto come giustizia.

23 Or non per lui soltanto sta scritto che questo gli fu messo in conto come giustizia, 24 ma anche per noi, ai quali sarà pure messo in conto; per noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù, nostro Signore, 25 il quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

(Romani 4,18-25)

 

Pesa sulle nostre riflessioni di questi giorni la situazione generale di incertezza, di cui la crisi dello stato sociale è solo un aspetto. Si potrebbe avere la tentazione di attribuire unicamente a queste cause le difficoltà in cui si trovano le nostre Chiese e le nostre Opere.

Sappiamo invece che, quando si attraversa una crisi, è in gioco qualche cosa che ci riguarda molto da vicino; è in gioco la nostra fede. Nel linguaggio biblico crisi significa giudizio: di fronte al giudizio di Dio non si scoprono solo i problemi di gestione o ciò che non funziona più e obbliga a cercare nuove soluzioni; non viene neanche semplicemente misurata la nostra maggiore o minore fedeltà al mandato che abbiamo ricevuto; il giudizio mette allo scoperto la nostra situazione naturale, naturalmente ragionevole, di incredulità, che può essere superata solo con un gesto di fiducia, solo aggrappandoci a qualcosa di più solido che non siano i nostri progetti, la nostra caparbietà, la nostra abilità manovriera, cioè solo aggrappandoci alla promessa di Dio. Come Paolo ci ricorda, questa è la fede di Abramo, il centenario. Prima di noi Abramo è il credente in crisi perché non vede sbocchi; prima di noi si aggrappa alla promessa di Dio.

Molte nostre Opere sono più che centenarie, ma un’Opera di per sé non è né vecchia né giovane: invecchia, e noi con lei, se l’amministriamo per forza di inerzia; ringiovanisce se vi investiamo energie fresche e entusiasmo. Il problema siamo noi, che, senza essere centenari, portiamo sulle nostre spalle un bel po’ di anni di lavoro nella chiesa, molti sermoni ascoltati, molte relazioni scritte, molti dibattiti vissuti e sofferti, e che qualche volta abbiamo la sensazione di non poterci aspettare veramente nulla di nuovo. Era la tentazione di Abramo, può essere la nostra.

Voi forse pensate che la fede di Abramo era ben fondata, visto che Sara ha davvero partorito e il figlio è nato davvero. Dove c’è fede c’è dunque nascita di una nuova vita; anche nelle Chiese? anche nelle Opere? In giro per la verità non si vedono molte culle. Oggi non parliamo tanto di realtà da far nascere, ma di realtà da salvare. Però, pensandoci bene, l’azione di salvare è intimamente legata alla capacità di far nascere qualche cosa, e davanti a noi ci sono effettivamente dei compiti nuovi:

        - pensate alla necessità di operare senza rinchiuderci, ma aprendoci invece al rapporto con operatori che sono di altre chiese, di altre fedi, o non credenti;

- pensate all’impegno di servire le persone nella loro completezza e nella loro dignità.

È a questo che serve la fede? Rispondere affermativamente può voler dire rinchiudere la fede in una visione utilitaristica. La fede sposta le montagne, a patto di non ricordarci della fede solo quando ci troviamo una montagna davanti. La questione, per Abramo come per noi, è più radicale: chi ci assicura che la via intrapresa corrisponda alla volontà di Dio? Pensiamo davvero che la convinzione soggettiva sia sufficiente?

Le decisioni che pesano sull’umanità sono spesso nelle mani di persone che pregano, e sono convinte di servire i piani di Dio. Anche nel passato è stato spesso così. Abbiamo a che fare con persone che si credono scelte da Dio in vista di un compito, e vanno avanti per la loro strada senza guardare né a destra né a sinistra, senza ascoltare nessuna voce dissenziente, come il nostro fratello Bush. Questo tipo di fede mi lascia dubbioso.

La fede si pone a un livello più radicale. Notate: Paolo non dice: Abramo credette, ed ebbe ragione, perché ebbe un figlio. Dice: credette, e questo gli fu messo in conto di giustizia. La giustizia non è il prodotto della fede. È il suo riempimento. A viste umane, la fede non può che apparire come un cratere vuoto, anche ai nostri occhi. La tentazione è di riempirlo noi, con il nostro entusiasmo, le nostre attività. Invece bisogna avere il coraggio di restare un momento vuoti, di lasciarci donare da Dio innanzitutto quel vuoto. Sì: dobbiamo, davanti a Dio, lasciarci liberare dal peso della responsabilità. In questo vuoto della fede, che è l’esatto contrario della mancanza di fede, conta solo ciò che Dio può fare. La preghiera ha questo senso: porgere a Dio le nostre mani vuote, in attesa di ciò che egli farà.

La mancanza di fede vuole riempirsi di certezze, ha bisogno di copertura immediata, di prove da mettersi in tasca, cerca di rassicurarsi con ogni mezzo, e finisce per agire al posto di Dio. La fede cerca fondamento e orientamento in ciò che Dio ha compiuto e può compiere.

Fondamento della fede di Abramo, dice Paolo, è che Dio è capace di portare a compimento quanto egli ha promesso. Non conosco una migliore spiegazione dell’onnipotenza di Dio: Dio ci mette in movimento con le sue promesse, ma poi non le lascia in sospeso; se ne ricorda e le mantiene. Ma le promesse sono per tutti e aprono un orizzonte di vita; non posso agire come se le promesse riguardassero solo me, come se solo io avessi diritto alla vita. Le promesse di Dio non possono essere privatizzate, settorializzate, catturate in favore di una cultura, portasse pure il nome di cristiana. Quindi l’azione sostenuta dalla fede ha la vita di ogni essere umano come orizzonte.

Il contenuto universale delle promesse diventa perfettamente chiaro nella risurrezione di Gesù, dice ancora Paolo. La risurrezione sta al di là delle nostre realizzazioni. Anzi, mette in chiaro il fatto che dietro le nostre realizzazioni sta la nostra persona sempre manchevole, segnata su tutta la linea dalla lontananza da Dio che ci porta a rovinare il suo progetto di vita in noi e attorno a noi. Se siamo come siamo, che cosa può stare in piedi, che cosa può restare della nostra opera? Niente, perché siamo infedeli. Tutto, perché Gesù viene a riscattarci e fa suo il nostro fallimento, accettando di morire per liberarci dalla vanità, dall’inconsistenza del nostro esistere. Il nostro servizio o, come amiamo dire, l’evangelicità della nostra azione è del tutto impossibile senza questo dono immeritato e indispensabile; diventa possibile perché, grazie a questo dono, il nostro catastrofico amore per noi stessi cede il campo ad azioni osate e rischiose a cui sarebbe insensato sottrarsi, a gesti semplici che siamo grati di poter compiere, a una dedizione durevole che ci sospinge malgrado i momenti di stanchezza. In questi casi non abbiamo l’impressione di dare, eppure accade sempre che qualcuno ne abbia un reale beneficio e noi ne riceviamo un senso di immensa liberazione.

È chiaro che neanche queste azioni, questi gesti, questa dedizione ci giustificano. La nostra giustificazione, cioè il senso compiuto della nostra vita, il definitivo sì pronunciato sulla nostra esistenza, è racchiusa nella risurrezione di Gesù. In lui è realtà, per noi è traguardo promesso; promesso da Dio, quindi certo. Questa prospettiva ci libera dalla pretesa di possedere le chiavi della giustizia e della verità. Non le possediamo; non disponiamo della verità ultima, né su noi stessi né sugli altri. Siamo in ricerca; mendicanti, come diceva Lutero. Non è un fatto negativo; dà al contrario alla nostra azione un carattere di apertura. La rinuncia a una giustizia come orgoglioso possesso ci fa cercare l’aiuto degli altri. Il saperci giustificati in Cristo ci spinge a procedere insieme, a cercare insieme come ubbidire al Signore. E quando si cerca guardando a colui che è stato risuscitato per la nostra giustificazione, si trova, per grazia di Dio, il consenso; il consenso della fede, il consenso che nasce, malgrado tensioni, confusioni e pesantezze, nelle nostre assemblee.

Le nostre Opere sono frutto di un consenso, di una decisione comune osata per fede. Le difficoltà e le crisi ci spingono a cercare soluzioni, e le soluzioni possono anche significare un parziale arretramento. Ma le difficoltà e le crisi non sconfessano le decisioni comuni prese nella preghiera, in ubbidienza al Signore; non significano che ci siamo ingannati e abbiamo sbagliato strada. Se camminiamo per fede, le strade che si chiudono ci indicano che altre se ne aprono. Ma gli intoppi non significano ancora che una strada sia chiusa. Prepariamoci a proseguire malgrado gli intoppi, senza perdere di vista le strade nuove che il Signore ci apre. Amen.
(Predicazione tenuta al Convegno delle Opere il 9 marzo 2003)

 

Gesù Cristo guarisce e riconcilia

(fine del documento in preparazione alla XII Assemblea della Conferenza delle Chiese Europee, Trondheim 2003)

 

 

Migranti e comunità di migranti (2.3.6)

 

66. Lo sfruttamento di esseri umani, la discriminazione e la violenza in forma visibile o nascosta sono fenomeni ben conosciuti dalle comunità di migranti. I migranti sono spesso considerati come semplici strumenti di produzione e non come degli esseri umani, come mano d'opera, che si può rimandare quando non se ne ha più bisogno. Il lavoro fra i migranti, richiedenti asilo e sradicati non è ancora riconosciuto dappertutto nelle numerose chiese membra della KEK. Resta ancora molto da fare. Si tratta d'intensificare la collaborazione con la Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CEME) su scala europea, e d'impegnare tutte le chiese membra della KEK in piena collaborazione ecumenica. Come chiese abbiamo espressioni di fede diverse; bisognerà tenerne conto anche per le numerose chiese di migranti che esistono in Europa e che devono trovar posto nella nostra comunione di chiese. L'esistenza di chiese di migranti dovrebbe essere all'ordine del giorno del dibattito ecumenico.

 

Rapporto dall'Italia

Su tre protestanti in Italia, uno è d'origine italiana, gli altri due sono stranieri che vivono in Italia. Più di due terzi di parrocchie italiane hanno membri stranieri e in alcune gli immigrati sono la maggioranza.Alcuni pastori vengono dall'estero. La liturgia e i cantici della maggior parte delle parrocchie sono influenzati da questo sviluppo.Ci sono perfino delle parrocchie fondate da migranti che utilizzano le chiese italiane.

A questo momento la Federazione delle Chiese protestanti d'Italia ha un progetto biennale sui differenti fattori della situazione: informazione, coscientizzazione, promozione del dialogo, studio di questioni specifiche, quali l'educazione religiosa, i rapporti delle chiese di migranti con lo Stato, la disciplina ecclesiastica, la formazione del personale ecclesiastico ecc. Varie iniziative sono programmate: seminari, gruppi di lavoro,campagne d'informazione, una intensificazione della collaborazione fra le parrocchie ecc. La Federazione prevede di collaborare con le chiese sorelle in Europa che si confrontano con lo stesso fenomeno, benché la situazione in Italia sia del tutto peculiare, a causa del numero dei fedeli: infatti chiese minoritarie come quelle protestanti italiane devono stabilire relazioni con le chiese di migranti che sono più grandi di loro.

 

Filoxenia (amore per lo straniero) e xenofobia (2.3.7)

 

67. L'appello di Cristo ad amare il nostro "prossimo" include l'amore per lo straniero, cioè per colui o colei che viene da un contesto etico, culturale o religioso differente. Nessuna società è al giorno d'oggi esente da tendenze razziste, di discriminazione, xenofobia, intolleranza verso lo straniero. Bisogna metter fine a queste fonti d'ingiustizia se si vuole stabilire una cultura di pace e regolare i conflitti in maniera non violenta. Le chiese europee hanno a volte partecipato, con le loro società missionarie, alla dominazione coloniale. Tuttavia le chiese hanno dichiarato il razzismo come peccato, e molte di loro si sono pentite della propria erronea convinzione di superiorità. Tutte le chiese devono rivedere la loro attitudine e il loro comportamento verso le minoranze etniche e religiose e devono impegnarsi nella battaglia contro il razzismo nel proprio contesto. Il contributo delle chiese ad una Europa plurietnica e pluriculturale, comprendente persone di qualsiasi colore della pelle e di qualsiasi origine etnica e culturale, deve esser riconosciuto e rafforzato.

 

68. L'azione delle chiese in questo ambito può assumere forme diverse: annodare alleanze ecumeniche nazionali per combattere il razzismo in tutte le sue forme; esaminare la legislazione dei propri paesi ed eventualmente proporre o sostenere emendamenti necessari a proscrivere il razzismo e la discriminazione; aiutare a mettere in opera una politica d'immigrazione giusta e migliorare lo statuto dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo; esaminare le proprie strutture, il loro regolamento concernente lo status di membro e il loro sistema d'impiego. Questa azione può anche consistere nel mettere in piedi programmi di formazione sulle relazioni interculturali e sul dialogo interreligioso per contribuire al rispetto reciproco e all'intesa; sono da rivedere i programmi d'educazione religiosa e le pubblicazioni ecclesiastiche, sono da revisionare quelli che contengono esplicitamente o implicitamente elementi di discriminazione di gruppi sociali a causa di razza, o di appartenenza etnica o nazionalità. Può consistere anche nell'offrire alle vittime reali o potenziali di violenza razzista una formazione sui dati giuridici, perché li usino, a denunciare e incoraggiare a denunciare alle autorità i casi di violenza razzista e offrire assistenza alle vittime.

 

Per un certo numero di chiese, membra della KEK, il problema dei rapporti con i Rom è diventato un problema acuto. Di fronte alle difficoltà che incontra il popolo Rom - esclusione sociale, criminalità, educazione, differenze culturali (ma anche in particolare nei paesi dell'Europa centrale, dell'est e meridionale, problemi di diritti della persona e di giustizia), le chiese si impegnano a testimoniare il messaggio evangelico in parole e in atti. Rapporti provenienti dalle chiese di queste regioni segnalano iniziative interessanti. In altre parti dell'Europa, in particolare nei paesi nordici, le chiese hanno già avuto buone esperienze in questo ambito. L'ordine del giorno della KEK comprende tra l'altro la condivisione, il sostegno reciproco e la creazione di gemellaggi. Nel maggio 2001 ha organizzato, con la Commissione delle chiese fra i migranti in Europa, un colloquio a Bratislava in Slovacchia, sulla maniera in cui le chiese e le istituzioni politiche si occupano del popolo Rom in Europa.

 

Guarigione e integrità (2.3.8)

 

69. La fede, la salute e la guarigione fanno parte integrante del disegno di Dio per l'umanità e la creazione. La vita, gli atti ed il messaggio di Gesù Cristo ne sono la manifestazione. Al centro della sua missione c'è la guarigione in senso lato. Essa può avere diversi aspetti e significati - "guarigione" fisica e spirituale ma anche guarigione sociale. La fede in Gesù Cristo, il "guaritore ferito", ci aiuta ad affrontare la sofferenza, la vulnerabilità e la finitudine. Ci impedisce di cadere nell'illusione dell'onnipotenza e di credere che possiamo creare esseri umani perfetti e una vita senza sofferenza fisica e senza restrizioni. Un aspetto fondamentale della missione della chiesa è di far comprendere che ogni atto umano di guarigione ha i suoi limiti.

 

70. Salute e guarigione. Essere una comunità inclusiva non significa solo accettare le persone qualunque sia la loro età, il loro stato di salute, le loro attitudini fisiche e mentali, ma anche aiutarle a trovare o a ritrovare la loro integrità. La nozione di integrità implica avere un rapporto positivo con il corpo, ma anche integrare i suoi limiti e la sua vulnerabilità. Le persone colpite da un handicap o da una malattia cronica non hanno necessariamente perso la loro integrità anche se il loro corpo non funziona più correttamente. La chiesa può aiutarli ad accettare i colpi dell'esistenza. C'è un rapporto intimo fra salute e povertà, fra disparità economica, bisogni legati all'etào al sesso - si tratta di conseguenza di una questione di giustizia. In alcuni paesi d'Europa il sistema sanitario è in crisi. Un problema inquietante è che i paesi poveri non hanno affatto un adeguato servizio sanitario. Un'altra fonte di preoccupazione è la tendenza alla privatizzazione dei servizi sociali, fatto che solleva problemi di finanziamento, di competenze e di valori sociali. Le chiese devono e possono apportare il loro contributo al dibattito sulla politica della salute essendo attente alle implicazioni di questa politica sul piano comunitario. La condizione umana ha bisogno di una chiesa che "guarisca". "Una religione che non ha potenza di guarigione o di salvezza non ha ragione d'essere" (Paul Tillich, The Impact of Psychotherapy on Theological Thought, vol.2, p.315). Come fare della comunità locale un luogo di perdono, di riconciliazione e un luogo di guarigione delle relazioni fisiche e mentali?

 

71. Nelle comunità si fa un lavoro pastorale e diaconale considerevole, visibile e invisibile. Il ministero della guarigione può prendere forme diverse: sviluppare le attività diaconali nelle parrocchie; aprire le porte e il cuore a coloro che soffrono, accogliendole nella comunità; prendersi cura dei malati e delle persone anziane, di quelli e quelle che soffrono di una malattia cronica, di persone handicappate; accogliere in case di cura, in centri di medicina palliativa, in centri diaconali ecc. Oppure ci si può occupare delle attività di formazione con insegnamento concreto alle famiglie che permetta loro di curare i malati o le persone anziane a domicilio, senza esser obbligati a trasferirli in istituzioni mediche o sociali. Oppure si può fare dei culti speciali di guarigione nel quadro della vita liturgica della chiesa. Si può partecipare a delle inchieste per determinare le cause della cattiva sanità e a cercare i mezzi per ovviare a queste lacune nella società e nella comunità locale. Le parrocchie possono aiutare le persone che hanno l'AIDS e i malati cronici, possono occuparsi degli alcolisti e dei tossicodipendenti per un accompagnamento pastorale.

 

Un membro del personale della KEK che ha subìto un intervento chirurgico a causa di un tumore e poi ha subìto un trattamento chemioterapico ha partecipato ad un culto di preghiera di guarigione in una chiesa di Ginevra. "Eravamo solo pochi, seduti tranquillamente nella cripta, con dei ceri accesi davanti una Bibbia aperta. Eravamo penetrati da una atmosfera d'amore e di sollecitudine e di fiducia nella presenza di Dio. Inginocchiandomi per ricevere l'unzione sulla fronte, ho avuto la sensazione che il mio essere INTERO veniva toccato e circondato dalla grazia di Dio, come non l'avevo mai sentito prima".

 

72. Superare le fratture della vita. Il racconto della vita e della morte di Gesù Cristo mostra quanto la sofferenza umana, il peccato e la colpa sono presi sul serio. Molti sono in Europa coloro che si trovano oggi a confronto con la sofferenza e l'insuccesso; essi hanno l'impressione che tutto sia finito e non trovano le parole per esprimere la loro colpa, il loro peccato, il rimorso, il perdono, l'espiazione oppure hanno difficoltà ad usare queste parole per esprimersi. Come possono le chiese avvicinarsi a loro, comunicare con loro ed aiutarli ad esprimersi in termini tradizionali o nuovi che siano? Molte persone sono alla ricerca di una integrità, del senso della vita o della loro identità. Forse piacerebbe loro vivere l'Evangelo concretamente e avere una chiesa che risponda in maniera olistica ai loro bisogni fisici, mentali e spirituali. Ci sono quelli che fanno "il giro del mercato" per trovare delle risposte, affondando qui e là. Sono alla ricerca di una spiritualità e spesso la trovano al di fuori di ogni sistema di fedi chiaramente definite o di appartenenza ad una comunità. E' una vocazione per le chiese di rispondere a queste attese. Esse devono sforzarsi di comprendere perché la gente è attirata da altri sistemi di pensiero e dagli approcci individualisti di spiritualità. Avere una fede personale è partecipare alla condivisione della buona notizia della riconciliazione che Dio in Cristo vuole per il mondo. Questo significa vivere di una vita nuova connotata dall'amore e dalla riconciliazione. Le chiese e ciascuno di noi dobbiamo riflettere del continuo a quale debba essere uno stile di vita cristiano, a cosa implichi essere discepolo del Cristo e cosa significhi la santità oggi. E' stato espresso il desiderio di approfondire il dibattito sulla nostra identità comunitaria e interpersonale, una identità che si dovrebbe descrivere con una gamma più vasta di metafore includendo la terminologia cristiana di amico, amore, comunità.

Rapporto dalla Scozia.
La Chiesa di Scozia ha lanciato nel 1996 il "Ripple Project". Lo scopo era quello "di migliorare la qualità della vita a tutti i livelli della comunità, proponendo un insieme di servizi e di azioni di sostegno per aiutare le persone ad aiutarsi da sé". Ha cominciato con un "Centro d'informazione" (Information Place) per far sapere alle persone che si sono dei luoghi dove possono trovare sostegno ai loro problemi e aiutarle ad accedervi. L'obiettivo fondamentale era di informarli sugli uffici e i servizi disponibili, sui diritti in materia di legge e d'aiuto sociale e per aiutarli ad entrare in rapporto con le agenzie e gli uffici statali e locali. Poi si è passati ad altri progetti. I progetti si sono sviluppati ed ora comprendono una dozzina d'iniziative che costituiscono insieme un panorama di servizi per tutti i gruppi d'età. Oltre i gruppi di bambini, giovani, anziani ecc. c'è un'altra iniziativa interessante, il "Progetto di consultazione medica" (Surgery Project), dove per ore dei volontari tengono aperto un consultorio, offrendo ascolto ai malati. I medici mandano i loro pazienti a questo consultorio come parte delle cure. Poi c'è il "Gruppo d'ascolto" (Listening Place) che offre un analogo servizio di ascolto confidenziale, dove vengono offerte fino a sei ore di ascolto a settimana. Poi c'è il "Gruppo d'accoglienza" (Referral Group) dove i medici mandano i bambini che hanno problemi di comportamento. Le parrocchie locali sono molto impegnate in questi servizi.

Il governo ha anche incoraggiato il rafforzamento dei servizi di cappellania negli ospedali. Le direttive per i servizi sanitari sottolineano attualmente il fatto che i malati ospedalizzati hanno bisogni spirituali a lato dei bisogni sanitari e insistono sulla responsabilità pubblica in questo campo. I cappellani devono esser coscienti del contesto plurireligioso e laico nel quale si esercita il loro ministero.

CONCLUSIONE

92. Nel corso degli ultimi momenti della sua vita terrena, passati coi discepoli, Gesù ha condiviso con loro la Pasqua. Ci si racconta che egli prese il pane, rese grazie, lo ruppe e lo diede ai discepoli dicendo "Mangiatene tutti e ogni volta che ne mangiate, fatelo in memoria di me! e dopo fece lo stesso con il vino, dicendo "Bevete tutti da questo calice... il sangue del nuovo patto..." e aggiunse di nuovo "Fate questo in memoria di me".

 

93. La condivisione del pasto eucaristico è un atto di memoria. Noi non solo ci ricordiamo di quello che Gesù ha fatto per noi e di quello che egli rappresenta per noi, come ci si ricorderebbe di qualche importante personaggio del passato. In questo atto di memoria noi associamo la nostra vita a quella di Gesù, le nostre ferite alle sue piaghe, la nostra morte alla sua morte e la nostra speranza alla sua risurrezione. E noi comprendiamo la nostra "liturgia dopo la liturgia", cioè l'incarnazione concreta della nostra fede come atto di memoria. In altri termini: noi mettiamo nella nostra storia un altro sguardo e vediamo quanto è dislocata, rotta, disgiunta, distrutta e disintegrata. E cominciamo a concepire il ministero della guarigione e della riconciliazione come un ministero della memoria per il quale ricostituiamo ciò che deve formare un insieme e recuperiamo ciò che era perduto.

 

94. Il ministero di ricostituzione non può esser separato dal ricordo di Gesù Cristo. Non può e non deve esserlo nella celebrazione dell'Eucaristia. In effetti l'Eucaristia è il perno intorno al quale ruotano i nostri ministeri. Essi sono fondati su "eucharistia" che significa "grazie mio Dio" per tutte le tue grazie.

 

95. Infatti le comunità cristiane sono in primo luogo delle comunità di gratitudine, delle comunità eucaristiche. Detto questo, dobbiamo aggiungere che siamo lontani dalla pienezza dell'Eucaristia fino a quando non la celebreremo insieme. Dobbiamo anche riconoscere che al momento ci sono differenze di concezione fra cristiani sulla relazione fra l'Eucaristia e l'unità: per gli uni non si può celebrarla finché non si sia raggiunta la piena unità di fede, per gli altri essa può e dovrebbe esser celebrata già da ora come segno e promessa dell'unità ancora da realizzare. Il mistero della memoria esige che sia guarita la nostra disunione. Ecco la meta verso la quale continuiamo a camminare. (fine)

 

 

Autunno

di Rainer Maria Rilke

Cadono le foglie,
cadono come da lontano,
come se nei cieli
avvizzissero giardini lontani;
cadono tremolando,
con gesti di diniego.

E nelle notti cade la terra pesante
da tutte le stelle nella solitudine.
Tutti noi cadiamo. Questa mano cade.
E guarda anche l’altra: dappertutto.

E tuttavia c’è Uno,
che con infinita dolcezza,
raccoglie nelle sue mani
tutto questo cadere.

 

L’Eclissi

di Graziella Galli

All’inizio dei tempi, quali tempi? I tempi non hanno tempo. Infatti, il venerabile Vecchio viveva da sempre nel suo sconfinato regno, trascorreva il tempo a mettere in ordine il Cosmo, accantonando tutto ciò che ingombrava. Il suo passatempo era accendere le stelle!

Aveva iniziato alcuni milioni di anni fa accendendone una. Accadde che, per dissolvere nello spazio una nuvola di polvere cosmica, ne tirò fuori una manciata e ci soffiò sopra con ardore.

All’istante la polvere si accese di luce intensa e illuminò una piccola porzione di cielo, s’incantò ad ammirarla, successivamente decise di lanciarla nello spazio. La scagliò con vigore, la mistura ardente volò in alto nel cielo e lassù restò. Compiaciuto, la chiamò Stella, è da quel tempo che le accende, una più lucente dell’altra.

Una volta, mentre era intento a (dar vita ad una stella più luccicante delle precedenti, allargò le sue poderose braccia, radunando intorno a sé un’enorme quantità di pulviscolo cosmico, lo compresse, premendolo con le mani in modo che restasse unito, impiegò molto tempo a far sì che la catasta di polvere spaziale restasse compatta. Dopo aver finito di ammassare, alzando le braccia, s’allontanò dalla massa e soffiò con impetuosità sull’enorme montagna che al contatto dell’alito divino divampò... trasformandosi in un’enorme stella!

Allora per giorni e giorni si divertì a darle palpito, fino a farla divenire una gigantesca sfera infocata. Quando la stella ebbe raggiunto la dimensione a Lui gradita, la lanciò con impeto lontano da sé collocandola in un punto dell'infinito.

L’enorme Stella rischiarò dalle tenebre uno spicchio di firmamento. Al Venerabile Vecchio piacque quella Stella luminosa, alla sua luce tutte le altre scomparvero, per distinguerla la chiamò Sole. Intorno all’Astro splendeva la luce.

Alla luce del Sole, notò un enorme masso sferico, subito ideò di metterlo in moto, svelto, si arrampicò su un’irta scalinata di nuvole e da lassù lo lambì con un dito, caricato da un’invisibile molla, all’istante il globo iniziò a girare vorticosamente su se stesso, danzando intorno al Sole. Divertito, raccolse altri sassi e mise anch’essi in moto.

Ci volle del tempo perché il movimento del masso, che chiamò Terra, divenisse armonico con gli altri, tutto doveva girare alla perfezione intorno all’Astro radioso e alla giusta distanza. Per accordare l’armonia del tutto, il Venerabile aguzzò l’ingegno facendo varie prove, poi si sedette sulla Terra e si accorse così che il calore era rovente, quindi soffiò sull’Astro incandescente allontanandolo, ma si allontanò troppo e il gelo arrivò.

Riprovò ancora, infine, quando gli parve che il calore fosse piacevole, ritornò in vetta ad una nuvola ad ammirare il suo operato e per lungo tempo restò affacciato a godersi quell’astruso Arcano.

Era solito, in cerca d’idee, sgranchirsi le gambe lungo i sentieri del cielo ed ecco che vide in disparte una sfera argentea, curioso, gli girò intorno, era tanto bella che non se la lasciò sfuggire. Ispirato, la rotolò in avanti e la posò accanto alla Terra poi inebriato la sfiorò con l’indice e subito l’invisibile meccanismo si attivò!

La sfera argentata, come una trottola, iniziò a girare su se stessa ballando intorno alla Terra. Nel movimento s’alternavano luci ed ombre; nel buio la argentea sfera, che chiamò Luna, s’accese! Splendeva nell’oscurità del cielo. Appagato, il Venerabile Vecchio sprofondò in una nuvola e incantato, restò a lungo a contemplare il misterioso congegno scaturito dal suo genio. Osservando quel complesso gioco si commosse, copiose lacrime scivolarono sulle guance del Venerabile e caddero sulla Terra formando un’immensa distesa d’acqua che ricoprì gran parte della sua superficie.

Di giorno, l’acqua baciata dal Sole scintillava, di notte, la Luna incoronata di stelle, vanesia si specchiava!

La Luna era attratta dall’Astro infocato, desiderava avvicinarsi a lui, ma un’invisibile catena la legava alla Terra costringendola a girarle intorno. Si consumava, malata d’amore impallidiva man mano che il tempo passava, il suo riflesso argenteo era ormai un ricordo. Il Venerabile per lungo tempo girò e rigirò intorno all’astro argentato, assistendo impotente al suo pallore, si lambiccava per trovare la causa di ciò.

Sgomento di non vederla splendere nella notte, pensava di sostituirla prima che si spegnesse del tutto, allorché udì una voce che implorava: « Venerabile, Venerabile! » Abituato da sempre al silenzio, trasalì al richiamo, nessuno ancora l’aveva invocato, la Luna fu la prima a farlo.

« Ti prego Venerando, non lasciarmi danzare intorno alla Terra... avvicinami ai Sole e permettimi di baciarlo! »

Il venerabile Vecchio, stupito di quell’insolita richiesta, corrugò la fronte preoccupato, ma capì la ragione di quel pallore e rifletté a lungo sul da farsi per accontentarla, in modo che essa ritornasse a splendere luminosa.

Si rese conto che se avesse avvicinato la Luna al Sole, la Terra non avrebbe beneficiato della luce argentata che la Luna rifletteva su di lei quando l’Astro incandescente era dall’altra parte dell’ emisfero.

Intanto la Luna, innamorata del Sole, accorata implorava di appagarla, Lo supplicava di aiutarla e piangeva!...

Il Vecchio, abituato da sempre a tacere, indugiava a risponderle, ma infine, turbato dal pianto, si decise e le parlò: «Regina della notte, avvicinandoti al Sole, che ne sarebbe della Terra, perfino le stelle s’intristirebbero, ma voglio accontentarti e abbraccerai il Sole.»

Detto ciò, sfiorò lievemente la Terra spingendola un po’ più in là, quel tanto che bastò per far avvenire l’incontro! Volteggiando la Luna s’imbatté nel Sole e lo poté baciare.

Furono attimi intensi. La Terra si oscurò! Per non bruciarsi in quella stretta di fuoco, danzando, la Luna scivolò via, ma già pensava al prossimo incontro! Intanto sulla Terra ritornò la luce e nella notte la Luna tornò a splendere regina! Infervorato, il Venerabile decise di trasmigrare in un lontano punto del suo sconfinato regno a dare origine a nuovi Astri e ideare strabilianti giochi di luci e colori.

Ma prima di allontanarsi definitivamente in groppa ad una cometa, catturò dalla sua scia, una manciata di cristalli di ghiaccio; estrasse alcuni semi vitali dalle sue tasche e li mischiò dentro le poderose mani. S’arrampicò fino al disopra del tutto e con impeto le separò, sparpagliando la mistura sulla Terra.

Dopo aver seminato, non aspettò il raccolto: se n’andò!

Oltrepassò l’Arcobaleno e giunse dall’altro capo dell’infinito ad iniziare inedite e fantasmagoriche creazioni.

 

A ECUMENE CAMPO POLITICO:

EUROPA E AMERICA – IL NUOVO ORDINE MONDIALE

di Raffaele Florio

Nell’ambito della riflessione dei Metodisti italiani per un’azione sociale adeguata ai tempi odierni (vedi Diaspora luglio-agosto 2003), si è svolto ad Ecumene, dall’ 11 al 13 luglio, il Campo politico “Europa e America- Il Nuovo Ordine Mondiale”.

Ci siamo ritrovati in una Ecumene in piena attività: si concludevano un Campo Cadetti (35 bambini) e un Campo Giovani (20 ragazzi) e si respirava un’atmosfera di grande voglia di rilancio. Abbiamo salutato il nuovo Direttore Silvano Fani e la moglie Leda, instancabili e pieni di entusiasmo. Hanno seguito il Campo 35 partecipanti provenienti da tutta l’Italia ( 5 dalla Toscana), giovani e meno giovani.

Il prof. Biagio De Giovanni, docente di Storia delle Istituzioni Europee presso l’Università Orientale di Napoli, ha svolto la relazione introduttiva e ha condotto con grande attenzione la discussione, ricca di 15 interventi. La caduta del Muro (1989), ha introdotto De Giovanni, ha rotto l’equilibrio bipolare preesistente che, anche se equilibrio del terrore, costituiva tuttavia un fattore di stabilità nell’assetto mondiale. Questa rottura ha provocato un disordine mondiale che si sta manifestando anche come disordine degli spazi.

In questo contesto assistiamo da una parte ad un progressivo isolamento degli Stati Uniti, accelerato dalla guerra in Iraq, voluta unilateralmente; dall’altra ad una lacerazione dell’Europa, proprio mentre paradossalmente si viene abbozzando una Carta Costituzionale. In questo disordine si è andato accentuando la globalizzazione dell’economia, che, qualora non governata, può portare ad effetti disastrosi per il resto del mondo.

Inoltre, dall’89 sono avanzati processi di resistenza identitaria: popoli e gruppi cercano una nuova identità nelle loro culture, tradizioni e religioni. E’ stato facile pertanto lo sviluppo di fondamentalismi e integralismi tra cui al momento quello che sembra più pericoloso è l’islamismo radicale, che utilizza anche il terrorismo come strumento operativo: attenzione, sottolinea De Giovanni, si tratta di un vero e proprio progetto politico e come tale va affrontato!

Alla luce di queste considerazioni bisogna avere alcuni punti fermi: la consapevolezza e l’orgoglio di essere occidentali, in quanto l’Occidente è il cuore della modernità e della democrazia; la necessità per Europa e America di essere unite: l’una non può fare a meno dell’altra; la responsabilità nel farsi promotori del Nuovo Ordine Mondiale, a partire dalla riorganizzazione delle grandi istituzioni internazionali; la promozione e l’allargamento della democrazia a Paesi che ne sono privi; la promozione della cultura della pace (da non confondere col pacifismo), che, tuttavia, non esclude l’utilizzo della forza e della guerra per difendere i più deboli; l’impegno dei credenti e delle religioni che, forse, devono avere un ruolo nella sfera pubblica, nel rispetto della laicità.

Ben 15 interventi susseguitisi tra il sabato e la domenica hanno contribuito all’ approfondimento della relazione con consensi, perplessità e integrazioni, manifestando la sensibilità dei presenti verso l’ argomento e la volontà di esprimere il proprio pensiero. E’ stata molto apprezzata l’ impostazione e lo svolgimento della relazione di De Giovanni, in particolare nell’ analisi degli eventi in corso. Numerose perplessità sono state avanzate sul ruolo e l’ atteggiamento degli USA nel corso di questi dieci anni e fino alla guerra all’ Iraq, con accentuazione del militarismo e dello unilateralismo nelle decisioni: si è parlato di imperialismo americano. E stata richiamata l’ importanza delle civiltà orientali e della Cina in particolare, vista quale interlocutore strategico degli USA. E’ sembrata sottovalutata un’ analisi dei movimenti antiglobalizzazione culminati nelle grandi manifestazioni dello scorso anno. Sul ruolo delle religioni vi sono state opinioni contrastanti: maggiore impegno o fare un passo indietro?.

De Giovanni, nel concludere il Campo, si è compiaciuto che finalmente si è aperto un confronto tra i Metodisti, aperto e consapevole e ha affermato che quanto discusso è solo una traccia per un dibattito che deve proseguire: non ci sono, pertanto, conclusioni. Ripeto quanto concludevo nel precedente articolo di Diaspora “Il Signore non ha finito il suo lavoro con i Metodisti italiani!”, ricordando che si preparano a celebrare nel prossimo anno il cinquantenario di Ecumene.

 

Un aneddoto - metafora

dell'identità e universalità.

 

 

Durante la costruzione della grande cattedrale di Friburgo
tre operai sono richiesti di raccontare cosa stanno facendo.
Il primo risponde: "Io spacco pietre, sono uno scalpellino".
Il secondo dice: "Mi sto guadagnando del denaro".
Il terzo ci pensa un poco e poi dice:
"Io lavoro alla costruzione del Duomo".

 

Una grande perdita

 

Il prossimo 21 settembre (domenica), se il Signore lo vorrà, Sara ed io desideriamo ricordare ai nostri parenti, alla Comunità valdese e ai tanti evangelici fiorentini, che ci conoscono, oltre agli amici sparsi ovunque, il cinquantesimo anniversario del nostro matrimonio, celebrato la mattina di domenica 20 settembre 1953, nella chiesa di via dei Benci”... Così iniziava il messaggio di invito che Poldino aveva scritto per Diaspora, e fervevano i preparativi per questa eccezionale giornata. Ma un infarto fulminante lo ha colpito mentre lavorava ad una aiuola nel giardino della chiesa di Via Micheli. Sono stati inutili i soccorsi subito chiamati, che si sono prodigati invano per oltre un’ora. Una partenza improvvisa, la sua, che è stata per lui il modo migliore di congedarsi dal mondo, mentre era indaffarato a fare quello che più gli piaceva e che era un servizio per la comunità, ma che lascia sgomenti quelli che lo hanno amato e tutti noi, che fatichiamo ad abituarci alla sua assenza.

E’ come se fossero rimaste molte cose in sospeso da finire... ma il Padre che lo ha accolto nei cieli sa come condurre a termine le cose che noi avremo lasciato ad altri da fare. In realtà Poldo ha avuto una vita piena e ricchissima di esperienze, di affetto dato e ricevuto, di progetti realizzati e ancora più da realizzare. Lui li chiamava “fantasie”, e ne elaborava continuamente come un laboratorio sempre aperto del “possibile” per migliorare la vita di chi gli stava intorno.

Sara, la sua compagna, con la quale avrebbe festeggiato fra un mese le nozze d’oro, i suoi figli Andrea con sua moglie Anita, Alessandro con Silvia e i loro figli e nipoti vorrebbero non lasciare del tutto cadere l’invito del 21 settembre e trasformarlo in un incontro “del ricordo” durante il quale sarà presentato “Il libro di Poldino”. Sarà in Via Manzoni a partire dalle 15.30.

Qui ritorniamo al suo testo d’invito: “un diario di ricordi riferiti ad un lungo arco di anni riguardante una parte della vita e dell’ azione del CENTRO EVANGELICO di SOLIDARIETÀ’, dalla sua nascita al 1994. E’ un “libro” di vicende lontane e non ha assolutamente la pretesa di evento eccezionale; è soltanto un lungo, modesto “diario”.

Un libro di memorie "per non dimenticare" che sarà offerto in dono a tutti i presenti all’incontro e a chi, ovunque in Italia e fuori, seguì e aiutò il lavoro e l’azione del “Centro” in quegli anni lontani. La stampa del “diario” è stata possibile per i risparmi accantonati nel tempo proprio per il forte desiderio di risvegliare in seno alle generazioni presenti e future del nostro piccolo mondo protestante fiorentino, la storia di un servizio, che ancora oggi prosegue su altri binari un solidale cammino, ma che in quel lungo tempo lontano rappresentò la costante volontà di giovani e non, poveri di mezzi, ricchissimi di sentimenti e atti profondamente umani, fraterni, comunitari. Una narrazione in gran parte riportata “a memoria”, tratta anche da vari documenti, per riprendere ricordi di fatti gradevoli e di azioni antipatiche, di compartecipazione alla “lotta” in sostegno al fratello in difficoltà e di contrasti personali, di “vittorie” collettive, di sconfitte morali. Una storia nostra e di tantissime donne e uomini semplici, intessuta di pregi e di molti difetti, vissuta intensamente, però con sentimenti di piena solidarietà, mai venuta meno, riportata “nuda e cruda”, come fu vissuta. Era necessario proporre questi “ricordi”, nel bene e nel male, affinché quell’impresa non andasse dispersa, ignorata, lontana, ma venisse ricordata per continuare.

L’invito, quindi, a tutti indistintamente per condividere “insieme” momenti di serena, gioiosa comunanza umana e spirituale. Arrivederci al 21 settembre 2003 !”

 

Il naso fra i libri

 

Giovanni Miegge, Lutero. L’uomo e il pensiero fino alla Dieta di Worms (1483-1521)

pp. 514 – euro 39,00 Collana «Lutero – Opere scelte»

 

Uscita presso Claudiana nel 1946 e ripubblicata da Feltrinelli nel 1964 con il titolo Lutero giovane, l’opera di Miegge qui riproposta, che ebbe consenso ed eco vastissimi, è tuttora fondamentale per la comprensione di Lutero nel periodo che va dalla crisi conventuale alla ribellione aperta e alla rivoluzione religiosa; gli anni, insomma, che vanno fino alla dieta di Worms del 1521.

Concentrando l’analisi sulla natura spirituale della crisi di Lutero, Giovanni Miegge attinge ai motivi più seri e profondi del messaggio della Riforma e fornisce una perfetta chiarificazione delle questioni poste dal suo pensiero teologico.

Con un’esposizione di grande limpidezza, Miegge illustra le complesse articolazioni delle idee e dei problemi che furono alla base del moto suscitato dal monaco di Wittenberg nonché l’evoluzione ulteriore del suo pensiero e il rapporto tra la sua azione di riformatore religioso e gli eventi politici della epoca.

 

Giovanni Miegge, 1900-1961, massimo teologo protestante italiano del Novecento, insegnò alla Facoltà valdese di Teologia di Roma, collaborò con la rivista «Conscientia», diresse «Gioventù cristiana» e «La Luce», e fondò «Protestantesimo».

 

 

Jürgen Ebach, Noè. La storia di un sopravvissuto

pp. 240 – euro 18,50 Claudiana, Collana «Piccola Collana Moderna» n. 98

 

Con Noè – costruttore dell’«arca», che insieme alla famiglia e ad animali di ogni specie lo salva dal «diluvio universale» – il mondo si rigenera e la storia dell’umanità ha nuovo inizio.

Quello di Noè è infatti il racconto della più grande delle catastrofi e al contempo della sopravvivenza e della vita.

In esso la distruzione del creato si collega ai simboli della vita, dell’arca come luogo protetto, della colomba con il ramoscello d’ulivo nel becco come immagine di pace, dell’arcobaleno come segno dell’Alleanza e testimonianza della preservazione del mondo.

Catastrofe e salvezza diventano quindi un solo tema, collegandosi a un unico Dio: la storia di Noè diventa un’incalzante domanda su Dio stesso.

Nella prima parte del libro Ebach propone un’accurata lettura del testo di Genesi mentre nella seconda analizza la ricezione, l’utilizzo e gli effetti della storia di Noè nella cultura occidentale: lessico, metafore e simboli dal mondo babilonese alle odierne bandiere della pace.

 

Jürgen Ebach è professore di Esegesi e teologia dell’Antico Testamento e di Ermeneutica biblica all’Università di Bochum (Germania).

 

GUIDA AL MONDO PROTESTANTE

Giorgio Bouchard, Chiese e movimenti evangelici del nostro tempo , pp. 190 – euro 12,50 Claudiana

Collana «Nostro Tempo» n. 79
Quest’agile guida – ricca di informazioni puntuali e di prima mano – ripercorre le specifiche vicende storiche dei principali movimenti del mondo evangelico, sforzandosi di coglierne la particolare spiritualità nonché di delinearne il rispettivo retroterra socio-politico.

Un percorso che dalle chiese «storiche» nate dalla Riforma di Lutero, Zwingli e Calvino arriva alle molteplici realtà legate al cosiddetto «risveglio» anglosassone da cui sono nate le chiese battiste, metodiste e le Assemblee dei Fratelli. Non manca l’analisi dei movimenti più recenti e in espansione, quali avventisti, pentecostali, apostolici, né della chiesa anglicana, la cui storia è strettamente intrecciata a quella delle chiese evangeliche. Completano il volume una serie di schede su diversi gruppi e sul fondamentalismo evangelico nonché un’appendice su alcune chiese atipiche quali unitariani, Testimoni di Geova e mormoni. L’introduzione è del pastore Giorgio Tourn.

Giorgio Bouchard, nato nel 1929, è stato moderatore della Tavola valdese dal 1979 al 1986 e presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia dal 1988 al 1994. Attualmente è pastore di Susa.

Franco Giampiccoli, Una chiesa senza papa

pp. 108 – euro 4,00 Claudiana, Collana «Le Spighe» n. 4
Com’è noto le chiese della Riforma funzionano senza papa, costituendo una radicale alternativa ecclesiale al cattolicesimo romano. Nel riconoscimento della sovranità di Dio mediante la sua Parola – incarnata, scritta, predicata –, la forma di governo delle chiese protestanti ha sempre fatto parte delle cose affidate alla responsabilità dei credenti. Se nella storia le sue configurazioni sono quindi state diverse, nelle chiese protestanti non è mai mancato l’impegno a dare prevalenza alla dimensione orizzontale e assembleare anziché a quella verticale e gerarchica: è il popolo dei credenti a darsi un ordinamento, cercando un’adeguata forma organizzativa in funzione della testimonianza al Cristo che costituisce la ragion d’essere della Chiesa.
Da questa impostazione ecclesiologica, ossia dalla volontà di tradurre in pratica l’affermazione di Gesù «siete tutti fratelli», ha tratto ispirazione la moderna forma laica e democratica di organizzazione della società.

Franco Giampiccoli è stato direttore di Agape dal 1966 al 1971 e moderatore della Tavola valdese dal 1986 al 1993.

Parola in dialogo

 

E’ il titolo di un numero speciale di Protestantesimo, la rivista della Facoltà Valdese di Teologia: i n.2 e 3 del 2003 legati insieme: Scritti in onore di Paolo Ricca e Sergio Rostagno. Si tratta di un bel volume di 349 pagine con contributi di molti teologi europei e qualche italiano su svariati argomenti teologici, filosofici, ecumenici ed etici. Da pagina 135 a 152 c’è un saggio del nostro pastore Gino Conte, “Sulle tracce dei Riformatori”. Si tratta di una rassegna della produzione teologica soprattutto di Paolo Ricca, da un lato ancorata alla Scrittura, dall’altro al pensiero teologico dei Riformatori. Grazie a Gino per aver partecipato a nostro nome a questa festa in onore dei nostri maestri!

 

Una testimonianza

di Fabio Traversari

Sono nato e cresciuto nella chiesa cattolica-romana come la maggior parte delle persone che abitano in Italia. Sono stato battezzato da piccolo, ho fatto la prima comunione e la cresima.Finito l'itinerario catechetico e sacramentale ho continuato a frequentare la chiesa e ad impegnarmi in parrocchia.

Partecipavo alla messa domenicale durante la quale leggevo la Bibbia e ho iniziato giovanissimo a fare il catechista ad un gruppo di bimbi che poi è cresciuto. Leggevo con loro il testo del vangelo della domenica e cercavo di commentarlo. Sono stato cattolico per poi passare al contrasto con il Vaticano e la curia Romana. Mi sono confrontato con la Bibbia, la parola di Dio, e questo ha capovolto il mio modo di vivere la fede cristiana.

Studiando la Riforma Prostestante ho trovato una perfetta sintonia tra il contenuto biblico e il messaggio dei Riformatori. La Bibbia è divenuta l'unica fonte per la mia fede e la sua centralità non verrà mai meno. Mi sono messo in ricerca ed ecco che mi sono ricordato che c'era stato nel Medioevo un movimento ( il Valdismo) che si era distinto per la sua fedeltà all'evangelo nella sua ricerca di una chiesa "povera" e nell' applicazione quasi letterale del "Sermone sul monte" ( Mt 5) . Questi erano i principi che mi avevano sempre affascinato. I valdesi avevano poi aderito alla Riforma e anche io sentivo di doverlo fare. Il vangelo mi annuciava un messaggio di letizia che dovevo necessariamente accogliere. Mi sono quindi deciso a prendere contatto con la chiesa valdese di Firenze, anche spinto da una "certa vocazione verso la predicazione".

Il mio primo incontro con la pastora Gianna Sciclone è stato risolutivo, abbiamo parlato alcune ore e alla fine mi sono sentito proprio in quella chiesa che cercavo. E mi sono sentito subito ben accolto e amato come fratello nel Signore. Ho partecipato al mio primo culto, l'emozione era molta... La sobrietà e il rigore con il quale si celebra la liturgia, la presenza di numerosi fratelli e sorelle disposti ad aprirmi le porte della loro comunità, il laboratorio biblico insieme a Gianna, Anita ed Olivia mi hanno fatto capire di essere a casa. Io ringrazio il Signore di essere oggi evangelico, Lo ringrazio dopo un anno dal mio arrivo per il giorno della mia ammissione in chiesa quale membro e prego che il suo Spirito consacri tutta la mia vita al Suo servizio.

 


 

 

Domenica 8 Giugno scorso (Pentecoste) sono state battezzate nella chiesa di Via Micheli Anita Barbanotti e Olivia Bertelli e sono stati ammessi Fabio Traversari e Enrica Dell’Innocenti, mentre Daniele Del Priore e Kiung Yu Kim sono stati accolti come provenienti da altre chiese sorelle. Abbiamo chiesto ad ognuno di loro di scrivere una loro testimonianza, che pubblicheremo man mano!

Notizie dalle chiese fiorentine

dalla Chiesa Metodista

Purtroppo un altro grave lutto ha colpito la nostra comunità. Il 28 giugno, a poco più di due mesi dalla morte della sorella Lyda, è deceduto Ugo Masoni. In marzo aveva compiuto 90 anni, ma il numero appariva come un astratto dato anagrafico, privo di riscontro nella realtà, tanto Ugo era vitale, attivo a Firenze come a Sasso Molare, il paese dell’Appennino a cui saliva volentieri per respirare aria buona e godere della compagnia schietta degli abitanti. Al culto era regolarmente presente (la raccolta delle offerte è un compito assunto da due persone; finora una delle due poteva variare, l’altra era Ugo Masoni, e questa naturalezza nello svolgere tale incarico segnalava per tutti l’importanza del momento dell’offerta). Agli studi biblici era assiduo e partecipe; dopo la spiegazione del testo se lo rileggeva attentamente in silenzio, mentre si apriva la discussione, e poi non di rado se ne usciva con una domanda che aiutava a chiarire qualche punto importante. Ce lo ricorderemo proprio come lo ha descritto il nipote Raul Gallini: «Nei momenti difficili che la vita ci propone bastava guardare i tuoi occhi, nei quali non si intravvedeva una lacrima, ma dai quali trasparivano, attraverso un chiarissimo dolcissimo azzurro, i sinceri sentimenti della tua anima».

Un incidente ce lo ha portato via, mentre attraversava la strada vicino a casa. Lando Mannucci, al termine del suo saluto, ha detto: «Ci pesa anche tanto il pensiero della persona che, contro ogni sua volontarietà, ha causato questo nostro terribile distacco. Ci rendiamo conto della sua particolare sofferenza con la quale dovrà convivere. Signore, tu che conosci ogni piega della coscienza degli uomini, di ciascuno di noi, dalle il conforto secondo la tua visione d’amore e di misericordia. E danne tanto alla vedova, ai fratelli e sorelle, a tutta la sua grande famiglia, ed a noi stessi, perché Ugo, il nostro amico, mancherà a noi, ed a quanti lo stimarono ed amarono». Questa preghiera è stata anche una vera testimonianza evangelica.

Alla moglie Enrichetta, alle sorelle Adriana ed Anna, al fratello Leonardo, ai nipoti e a tutti i familiari, diciamo da parte di tutta la comunità l’affettuosa solidarietà nel dolore e nella speranza, così bene espressa nelle parole di Adriana dagli USA: «La mia consolazione la trovo solo in Dio, perché attraverso il suo infinito amore ci ha promesso che asciugherà le nostre lacrime».

 Ringraziamo Lando Mannucci, Davide Buttitta e Anna Vezzosi che hanno presieduto il culto rispettivamente il 18 maggio, il 25 maggio e il 15 giugno.

 La ripresa del culto in Via dei Benci è fissata per domenica 7 settembre.

 La prossima seduta del Consiglio di Chiesa è fissata per il 17 settembre, alle ore 17.

 

dalla Chiesa Valdese

 

Per tutto il mese di Luglio siamo stati ospiti della Chiesa Metodista, ed in Agosto abbiamo ricambiato l’ospitalità. Non di rado hanno partecipato ai nostri culti stranieri di passaggio ed è un buon segno, perché la nostra “vetrina” della Stazione si vede!

Il past. Gino Conte, dopo un breve periodo trascorso a Gavinana (AR) presso un istituto di riabilitazione, è tornato al Gignoro dove è amorevolmente assistito dalla sorella Margherita Caporali, che è una vera familiare per lui. Anche Rosetta Naso ha trascorso un breve periodo in Ospedale, ma sta già molto meglio. Per molte persone il caldo eccessivo di questi mesi (!) è stata una prova dura da sopportare con pazienza. Appena prima della stampa di questo numero siamo costretti ad aggiungere il nome di Nino Mazzarino all’elenco di quelli che sono venuti a mancare! Rivolgiamo un pensiero affettuoso a Norma, che lo ha assistito fino alla fine.

Come ogni estate, abbiamo mantenuto l’abitudine degli incontri con àgape fra i rimasti in città, a via Manzoni verso la metà della settimana; sono stati bei momenti di incontro e di scambio di notizie e di amicizia, senza programmi particolari, ma ... per non perderci di vista! Intendiamo continuare anche in Settembre: una delle offerte è la visione del film “Il Vangelo secondo Matteo” di P.P. Pasolini, messo a disposizione dal fratello Raffaele Florio, mercoledì 10 ore 21, dopo l’àgape.

Domenica 31 agosto è stato battezzato il piccolo Benjamin Christian Jörg Fröse di Eric e di Anke Petersen. Questa famiglia vive momentaneamente a Dubai (Emirati Arabi) ed è luterana. Ci ha chiesto di incontrarsi a Firenze con altri familiari che vivono in Germania e in Svizzera. Il Concistoro torna a riunirsi giovedì 11 settembre alle 18.15 in Via Manzoni.

 

in generale
Domenica 3 agosto è morta all’Ospedale di Torre Galli la sorella Christina Sloan, responsabile per l’Italia di Christian Science. La notizia ci ha colti tutti di sorpresa perché per la sua grande riservatezza non abbiamo neanche saputo della sua malattia, sopportata con molta forza e dignità. Non c’è stato nessun funerale, com’è forse nel riserbo dei credenti della sua chiesa; le sue ceneri sono state portate a Pavia, secondo le sue disposizioni. Abbiamo chiesto a persone a lei più vicine di ricordarla per Diaspora. Noi la ricorderemo con rimpianto per la sua serena e bella disponibilità e con un po’ di rimorso per non esser stati capaci di accoglierla senza riserve e condizioni, che però non riguardavano mai la sua persona, ma il modo anti-rituale e anti-istituzionale della sua chiesa. Era comunque molto felice di esser stata invitata a fare delle meditazioni o a leggere dei testi all’occasione di incontri ecumenici in Via Micheli o a via de’ Benci. I suoi messaggi erano semplici e chiari, si sentivano venire da una fede radicata nelle stesse profondità bibliche che desideriamo siano le nostre e quelle dei nostri figli.

Auguri al past. Piero Bensi, che il 19 agosto ha compiuto 80 anni, lo ascoltiamo sempre volentieri la domenica mattina al Culto Radio e ogni tanto anche ai culti insieme delle nostre chiese!

Prossime date da ricordare

martedì 9 Settembre: alle 20.30 in Via Manzoni comitato locale della Associazione “Il Sassolino Bianco”.

mercoledì 10 Settembre: Consiglio dei pastori e dei responsabili delle opere evangeliche di Firenze, in Borgo Ognissanti alle 9.30.

domenica 21 Settembre: Ricordo di Leopoldo Sansone, in Via Manzoni alle 15.30 con presentazione de “Il Libro di Poldino”.

sabato 4 Ottobre: Bazar del Sassolino Bianco, dall’ora di pranzo in via Manzoni.

martedì 7 Ottobre: Dopo-Lavoro-Teologico alle 19.30 presso la Claudiana, sul libro di Fulvio Ferrario.